Ciro Riccardi, una jazzin’ machine
Il debutto del trombettista partenopeo, molto apprezzato e attivo in concerto con vari ensemble, denota un’apertura mentale e una capacità discorsiva di ottimo livello.
Ciro Riccardi
Racconti di vinile (Alfa Music/Egea)
Voto: 7/8
“Come succede nei dischi in vinile, anche a me attraverso la musica piace raccontare delle storie, ognuna con una sua ambientazione, con i suoi personaggi e con le sue suggestioni, quasi a voler mettere nei miei lavori un poco di tutti quei dischi che ho consumato da adolescente, e in cui continuo a rifugiarmi ogni volta che posso.
Così Ciro Riccardi, trombettista da anni attivo nei club e nelle piazze del napoletano, presenta il suo nuovo album, Racconti di vinile, da poco uscito per i tipi della label romana AlfaMusic di Fabrizio Salvatore, etichetta benemerita, che, nell’ambito del jazz italiano ha preso il posto produttivo, propositivo e “sollecitativo” (se così possiamo dire) che era stato della Splasc(h) di Peppo Spagnoli e della Philology di Paolo Piangiarelli dagli anni 80 fino alla prima decade del Duemila.
Diplomato al conservatorio S. Pietro a Majella, il trombettista vanta collaborazioni con i migliori jazzisti della sua città, con Adam Rudolph, con l’ensemble Dissonanzen, ha musicato molti spettacoli teatrali ed attualmente fa parte degli Slivovitz e della Uanema Orchestra, degli Speakeasy, della Funkin’ Machine e del trio Circo volante.
Questo è il suo debutto da solista e propone una musicalità a vasto raggio e una capacità di confronto di ottimo livello. Il jazz di Riccardi è corposo e pulsante, dai buoni presupposti hard bop e un’infinita serie di variazioni e di iniezioni espressive, che vanno dal funk al sound bandistico, dalla world music a certe atmosfere da soundtrack, persino al pop canzonettistico. A volte le divagazioni risultano prevedibili, spesso sono costruttive e vitali.
Così la voce di Peppe Servillo degli Avion Travel conduce da par suo la ballad scomposta di “Me so’ scurdato ‘e me”, e il sassofono di Daniele Sepe percorre le spirali in crescendo de “I marinai di Kronstadt” (evoca una ribellione antibolscevica del 1921, in chiave libertaria e comunitaria, repressa duramente). Così la tromba del leader vola generosa sulle linee divergenti di “Raimondo De Sangre” e accarezza vellutata in “Danza Sufi” dai richiami etnici e nella conclusiva “Piccola storia mai raccontata”. Così ancora si apprezzano i contributi di Massimiliano Pone alle elettroniche in “La invención de Morel/Sogno”, i dialoghi sempre pertinenti e costruttivi con le chitarre, l’elettrica di Dario De Luca e la classica di Cristiano Califano e gli intrecci volatili del quintetto de “Il discorso di Pericle”.
fonte: http://www.spettakolo.it/2016/10/19/ciro-riccardi-jazzin-machine/